GLI ADOLESCENTI SONO ANTIPATICI
“Quanti anni hanno i tuoi figli?” “Quattordici e sedici anni!” “Oddio, poveri voi…vi aspettano anni terribili…poi andrà meglio” -“Mio figlio ha dieci anni, è un bambino molto affettuoso e abbiamo un rapporto stupendo” “Seee…lo dici adesso, aspetta che diventi un adolescente puzzolente e muto oppure urlatore” – “Ai ragazzi non va mai bene niente, non apprezzano niente di quello che hanno grazie ai nostri sacrifici” – “Bisogna aspettare un po’, poi si calmano e ci si può parlare” – “Dicono che l’adolescenza sia terribile per gli adolescenti ma è peggio per gli adulti che ci hanno a che fare”
Sento continuamente persone parlare in questo modo, quasi un discorso automatico. Sembrano chiacchere da bar ma credo che sia quello che le persone pensino veramente.
Questi adolescenti sono proprio antipatici a tutti a quanto pare.
Mi chiedo cosa sia questa cosa terribile che incarnano i più giovani e che preoccupa, affatica, sfianca i più grandi.
Non credo sia un “problema” dei più giovani. Nel senso che il cimento dell’adolescenza è già abbastanza e di certo non è essere accondiscendenti con gli adulti che li aiuterà a capire chi sono e vogliono essere. Credo che questo svalutare il modus vivendi degli adolescenti sia un “problema” degli adulti.
E credo che “tanto l’adolescenza poi finisce e diventano adulti” nasconda una fregatura da qualche parte. La fregatura del diventare come i propri genitori, di normalizzarsi o in altri termini di identificarsi con i modelli adulti. A quel punto è più facile per gli adulti parlare con chi è diventato come loro, come se fosse l’unico modo possibile di rapportarsi tra esseri umani, cioè tra uguali. Ben più difficile è avere a che fare col diverso, rispettarlo e non farlo sparire.
Lo abbiamo detto tante volte in questo blog, l’ho visto mille volte nel mio lavoro con i ragazzi: l’incomunicabilità, l’impossibilità a capirsi tra giovani e adulti è dovuta a qualcosa che crescendo si rischia di dimenticare. Come se il prezzo per essere accettati nella società degli adulti, il prezzo dell’identificazione, fosse perdersi qualcosa. Ma cosa? E soprattutto, è proprio necessario perderlo?
I ragazzi dissentono.
Ai ragazzi quello che piaceva ieri non piace più oggi, figurati domani.
I ragazzi si addolorano per la guerra, soffrono a vedere soffrire gli altri esseri umani.
I ragazzi sono indignati per l’inquinamento, per le speculazioni, per l’ipocrisia, per la mentalità ristretta.
I ragazzi sono incazzati con i loro genitori che dicono no, senza un perché, oppure, al peggio, dicono sempre si a tutto: non hanno nemmeno il gusto di ribellarsi, tanto va bene tutto.
I giovani rifiutano lo status quo più di chiunque altro.
Poi lo fanno in modo disorganizzato, senza capire bene, senza sapere bene cosa fanno ma a pelle lo fanno. In questa ribellione c’è qualcosa di importante secondo me, quasi una lezione. E’ quella cosa preziosa che si rischia di perdere e che però rende antipatici.
E’ per questo che il movimento ambientalista a partire da Greta Thunberg per esempio è diventato pericoloso e fastidioso per i massimi sistemi? Se non sono i più giovani a ricordarci che il mondo che ci hanno lasciato i padri per molti versi è pessimo, chi lo farà? Solo i più giovani potevano riuscirci: non edulcorati, non rovinati dai compromessi, non adattati.
Ecco…l’adattamento. Si dice che sia un sintomo di intelligenza e un criterio evolutivo. Ma non siamo più scimmie. Mi piace pensare che la caratteristica umana sia piuttosto il disadattamento, il rifiutare quello che c’è per cercare altro. Certo questo ci potrebbe rendere complicati, difficili, scontrosi, di malumore, silenziosi o incazzati neri. Ci potrebbe rendere eterni adolescenti.
In questo blog si parla spesso della responsabilità degli adulti nel rapporto con gli adolescenti e mi hanno colpito i primi articoli dell’anno proprio su questo tema (https://www.papillon.center/blog/riflessioni-sul-mondo-della-scuola/ https://www.papillon.center/blog/speranza-e-responsabilita/ )
Ecco…gli adulti sanno più cose, hanno più risorse e possibilità, anche materiali. Potrebbero fare molto se restassero un po’ più disadattati a questo mondo.
Maria Giubettini
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