GENERAZIONE H
Sento dire spesso da colleghi e insegnanti che lavorare con i ragazzi è tanto difficile quanto appassionante, che la responsabilità che ciascuno sente di avere nei loro riguardi, benché motivante e preziosa, a volte non si esaurisce con la conclusione della giornata lavorativa, e di come siano capaci di sorprenderci con le loro domande e le loro (caustiche!) risposte, e personalmente direi che mi trovo d’accordo su tutti i punti.
E’ su una lettera che proprio non mi riesce di sintonizzarmi.
Qualche settimana fa durante un colloquio un ragazzo mi ha ripreso su un’espressione un po’ colorita, della quale non capiva il senso ma che a me sembrava chiarissima, e che italianizzata suona così: “..finisce che ti trovi con le toppe sul sedere!”
Dopo aver tentato di spiegargli cosa intendessi (malissimo, è come con le barzellette e i proverbi) ha pensato bene di etichettarmi con un crudele “Ho capito dottò ma parla come un Boomer!” così più tardi e un po’ per curiosità mi sono messo a cercare le sigle delle varie generazioni, scoprendo che i Boomer sono i nati nel dopoguerra (fino al ’64..), gli Alpha dopo il 2013, e che tra queste ad intervalli di 15 anni ci sono le generazioni X – Y e Z.
Che dire dai, c’è andato vicino..
Qualche giorno dopo invece ho partecipato ad un GLO, un gruppo di lavoro composto da insegnanti, genitori e operatori sanitari, organizzato dalla scuola per l’inclusione degli “alunni H” (cioè Disabili, ADHD o con Disturbi Specifici dell’Apprendimento) per i quali è obbligatorio redigere un piano di studi specifico volto al contrasto dell’abbandono scolastico, e allora mi è venuta da fare una riflessione..
Chi è che abbandona chi?
Ma non è che quei ragazzi che per motivi diversi (e per niente sovrapponibili!) da una disabilità fisica vengono etichettati con la lettera H fanno parte di una “generazione”?
E cosa possiamo dire a chi l’ha in qualche modo “inventata” mettendo sullo stesso piano irrequietezza, disattenzione, difficoltà nell’apprendimento di lettura, scrittura o calcolo, che possono avere le radici più varie e complesse ma che appartengono alla sfera psichica, e patologie organiche che invece coinvolgono lo sviluppo del sistema nervoso?
Si può definire qualcuno solo per il periodo storico (e culturale!) nel quale ha avuto la sorte di nascere?
Non mi riferisco tanto all’ovvia quanto banale considerazione che nessuna persona possa essere definita sulla base di una patologia o di una semplice difficoltà, non si tratta di una finezza linguistica o del politicamente corretto, ma di un cratere culturale nel quale si finisce per gettare il futuro di migliaia di ragazzi pienamente in grado di studiare e imparare, che se non visti riconosciuti e curati per le loro effettive difficoltà finiscono per convincersi del contrario.
Magari a prima vista potrebbe anche sembrare che ci marcino un po’ (meno male, meno compiti…) ma il vissuto profondo può raggiungere lo sconforto, ed essere pensato senza soluzione.
Forse mi attirerò qualche critica, ma penso che un cambiamento sia assolutamente necessario e per niente procrastinabile.
Capisco le Linee guida, i Manuali diagnostici, i tempi e le direttive Ministeriali, ma sono convinto che qualsiasi cosa possa essere migliorata se migliorare è una scelta personale e politica, perché timbri e marchi, una volta apposti sulla base del così fan tutti, rischiano di essere vissuti come sentenze senza appello, una sorta di “lettera scarlatta” ricamata sui grembiuli, certificata sui registri e incisa nelle teste.
Un peso, una zavorra (il termine Handicap viene usato in ippica, in cui ironia della sorte sono i cavalli più forti a portare un peso per poter galoppare “alla pari” con gli altri..) che può indirizzare i ragazzi a vivere ben sotto le proprie possibilità o aspettative, portando le istituzioni sanitarie e scolastiche a indurre divari invece che a colmarli.
Certo, la Scuola del merito promossa dal Governo (che poi è della competizione, in grado di creare pressioni insostenibili) non sembra aiutare, così come diagnosi sostegno e sussidi distribuiti senza differenziare ciò che è necessario da ciò che è dannoso finisce per creare più problemi che soluzioni.
Un ragazzo convinto di essere “difettoso” può ribellarsi, malissimo, ad un destino falso, agire comportamenti rischiosi o autolesivi, e penso sia necessario continuare ad opporsi a quella che rischia di diventare una fabbrica di ordigni esplosivi.
Di bombe.. H!
In geologia tempo e pressione creano gemme preziose è vero, però con gli esseri umani non funziona di certo così.
Marco Randisi
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