ELOGIO DELLA PROFONDITA’
Il 21 giugno sono arrivata a scuola prestissimo. Alle 7,30 ero già davanti ai cancelli circondata dagli sguardi tesi, solidali ma anche divertiti di tutti gli studenti che aspettavano di entrare per svolgere la prima prova dell’ Esame di Stato. Questo tempo dell’attesa che, ogni anno, condivido con loro mi sembra un tuffo in memorie lontane e mi riconosco nei sorrisi ora incerti ora spavaldi, nelle battute, negli abbracci, nella speranza collettiva di farcela che si respira nell’aria e sulla pelle.
Ore 8,00, i cancelli si aprono, i ragazzi corrono a prendere i posti migliori, fiume che rompe gli argini di un quinquennio di “passione”… ci siamo, ora tocca a loro.
Vado a scaricare le prove ministeriali e mentre leggo velocemente le tracce una mi colpisce immediatamente. E’ l’analisi di un articolo di Marco Belpoliti, pubblicato nel 2019 dal titolo “Elogio dell’attesa” in cui l’autore esplora il concetto dell’attesa e la sua “difficile” presenza nella nostra vita quotidiana. Mi colpisce perché più volte in questo blog sono emerse riflessioni, pensieri, domande anche complesse sulla necessità di prendersi il proprio tempo, nelle scelte, negli amori, nelle separazioni…
Belpoliti nell’articolo sostiene che siamo nell’era del “tutto e subito”, del bombardamento quotidiano di email, messagini whatsapp, post, storie, like, una giostra frenetica che ci costringe a vivere in superfice, divora emozioni, profondità, tempi di risposta…non sappiamo più aspettare, non possiamo più aspettare. Certamente le innovazioni tecnologiche favoriscono la velocità, l’immediatezza, l’illusione seduttiva di vivere un eterno presente ma sono sufficienti a spiegare l’impossibilità di sopportare l’attesa? Non ho la certezza di una risposta ma so che non è semplice aspettare…perché ci costringe a fare i conti con noi stessi, a guardarci dentro, talvolta anche a soffrire ma ci regala anche la certezza di noi, l’ebbrezza incantevole di saper nuotare in profondità. Ci vuole coraggio? Indubbiamente.
Mi vengono allora in mente le parole di una studentessa del quinto anno della mia scuola, Morgana Reale, che nell’editoriale di giugno del giornalino scolastico “La Zanzara” scrive:<<Viviamo in un quadro di Futur Balla, in cui siamo travolti dai movimenti frenetici del mondo, in cui le immagini si susseguono e si confondono, impossibilitate ad abitare anche un solo momento nel presente, catapultate in un immediato futuro.[…] Tutto è indispensabile ma tutto è superfluo: un’ora è troppa ma due sono poche. Il tempo si allunga e accorcia come un blocco di pongo nelle mani delle nostre vite impazienti[…]per questo lo rincorriamo, esausti mettiamo un piede dopo l’altro finchè finalmente non realizziamo che è stato sempre alle nostre spalle e che quella velocità di cui sembrava avessimo così disperatamente bisogno, non è che un altro dei suoi inganni>>.
Hai ragione Morgana, forse il segreto è proprio questo, rifiutare gli inganni, avere il coraggio di cercare, di esplorare, sempre… realizzare che si può nuotare in profondità, è in superfice che si annega.
Sara Lazzaro
Carpe Diem, diceva il poeta e noi traduciamo cogli l’attimo e proprio qui misuriamo una distanza culturale. Perché non ci viene spontaneo dire vivi giorno dopo giorno? È cambiata un’unità di misura in noi, nella nostra cultura.il tempo significa anche velocità, qui ed ora, tutto e subito. Sparisce il valore dell’attesa. Chi si ferma è perduto! …ed allora via, avanti…vi ricordate la scena finale de”il fascino segreto della borghesia” quel gruppo di uomini e donne che camminano camminano… Ma è tutto veramente così? Io credo che proprio i giovani potranno darci le risposte che cerchiamo e crediamo di non vedere attorno a noi