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PICCOLE MERAVIGLIE…

PICCOLE MERAVIGLIE…

Caro Papillon,
questa lettera potrebbe essere stata scritta da un computer. Adesso funziona così il mondo. Per fare prima, per costare meno, per essere impeccabilmente funzionale non devi fare altro che chiedere a una chat quello che vorresti scrivesse, disegnasse, facesse al posto tuo e quella lo fa e sicuramente, dicono, lo fa meglio di te. Non so bene come funzioni questa cosa però è concreta e tutti ne parlano.
Lo sapevi tu che adesso la realtà è aumentata, l’intelligenza è artificiale e che presto dovremo vivere tutti nel Metaverso?
Ma come sarebbe? Ma che significa davvero? Ma nel Metaverso c’è il mare? Pensando a questo continuo ad oscillare tra il senso di atterrimento e l’incredulità. Perché io in tutta franchezza non ce la faccio a sentirmi in competizione con una macchina. Che poi che c’entro io e che c’entra la macchina, è solo una questione di soldi.
Del resto, non è questo l’assioma dell’era moderna? Tutto succede per soldi. Come se avessimo perso di vista l’unità di misura fondamentale e da questo derivassero tutti quei ragionamenti sul produrre, efficientare, sistematizzare, invece che lasciare le cose al caso o, scusa la bestemmia, alla fantasia.
Mi torna in mente un esame fatto all’università qualche anno fa, mi ricordo che si partiva dalla riproducibilità tecnica e si finiva a parlare anche di Alan Turing e dell’invenzione dei calcolatori elettronici. E già allora c’era questa grande e interessante e irrisolta questione su cos’è che differenzia un uomo da una macchina. E allora ricordo bene che avevo già un’idea. Che poi più che un’idea era un sentimento, ecco sì, io avevo un groppo alla gola e la sensazione che c’era qualcosa di più. Da leggere, da conoscere, da scoprire, da inventare – anche da vivere – e avrei risposto così al professore, mi ero detta. Se mi fa una domanda sulla differenza tra gli esseri umani e le macchine io glielo dico che secondo me la differenza fondamentale è che a una macchina dovrai sempre dare un comando mentre una persona può decidere da sola.
Mi sembrava addirittura banale per quanto fosse semplice.
Ma poi mentre interrogava i miei colleghi mi sono resa conto che la mia risposta non era quella corretta per il professore e che non mi avrebbe messo 30 a meno che non avessi risposto quello che voleva sentirsi dire.
Dovevo fare la macchina e, quella volta lì, l’ho fatta. Ho preso 30 e uscendo ho pensato proprio che dev’essere questo il punto: che una macchina perfetta può simulare di essere un uomo, ma forse un uomo perfetto non somiglierà mai a una macchina.
E io lo so che siamo già nel futuro e non ho intenzione di tirarmi indietro. Però forse se tengo così tanto al gesto di impugnare una penna e scorgo piccole meraviglie tra le lettere che si muovono su un foglio o se mi stropiccio gli occhi e mi vengono le lacrime leggendo quello che scrive qualcuno che è in carne e ossa e mi ritrovo con tutte queste emozioni, che magari sono la nostra vera unità di misura, magari, forse, chissà, vale la pena ERROR 404.
Scherzo! Dicevo che forse vale la pena fare attenzione e dare spazio a quest’altra intelligenza che di artificiale non ha proprio niente.

Ilaria S.

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Foto scattata da: Pixabay
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