SONO STATO BOCCIATO, HO PERSO UN ANNO!
È estate e c’è un clima stranissimo perché a nord ci sono i temporali e fa freddo mentre al centro sud fa un caldo terribile. È come se l’Italia fosse divisa, spaccata in due proprio come stanno cercando di fare con questa legge sull’Autonomia Differenziata. Mi ricordo che quando ero bambino la maestra faceva una riga sulla lavagna e metteva da una parte i buoni e dell’altra i cattivi e a me questa cosa non era mai piaciuta, Ma oggi capisco che scrollarsi di dosso duemila anni di Caino e Abele non è semplice.
Questa linea di demarcazione continua anche ai nostri giorni infatti a scuola ci sono ancora i promossi e i bocciati e credo che gli insegnanti dovrebbero pensarci molto prima di bocciare un alunno perché se un ragazzo non studia ci sono sempre dei motivi e mi sembra un po’ sbrigativo risolvere il tutto con una bocciatura, come è stato brillantemente scritto su questo blog da Mariantonietta Rufini. Alcuni professori pensano che la bocciatura sia un metodo educativo anche se – si spera – non arrivano alle perle di saggezza del nostro ministro della Pubblica Istruzione Valditara che ci illumina dicendoci che l’umiliazione è un fattore di crescita. Anche lui mi riporta a quando ero bambino e la maestra per punirti perché eri stato “cattivo” ti metteva dietro la lavagna. Avevo sperato che fossero superati quei tempi ma evidentemente la Tradizione affascina questo governo. Prima di me c’erano i balilla, chissà…
Molti ragazzi se la prendono con il professore perché pensano che la bocciatura sia dovuta ad una antipatia nei loro confronti e forse qualche volta hanno anche ragione ma è un tipo di pensiero che non risolve nulla.
Quello che vedo è che spesso ci sono reazioni ricorrenti alla bocciatura. Alcuni cambiano immediatamente scuola per allontanarsi da quel professore ed estensivamente da quella scuola ma forse soprattutto per la vergogna di trovarsi nella classe con i ragazzi più piccoli e vedere gli ex compagni che vanno avanti. Altri devono fare due anni in uno per cancellare la bocciatura, come se quell’anno difficile non ci fosse mai stato. Altri ancora se la vivono in modo molto negativo, con una brutta depressione, cominciando a pensare di non valere niente, di non essere all’altezza e cambiano tipo di liceo perché quello per loro è troppo difficile. Poi ci sono quelli che fanno un percorso ancora peggiore e cioè si calano nel ruolo del bocciato, di chi è scanzonato e se ne frega ma questa identità esibita in realtà nasconde e nega l’idea di non valere niente. E questo ruolo, questa nuova “identità” rischia di allontanarli definitivamente dalla possibilità di fare i conti con i loro reali problemi.
La cosa che spesso si sente dire dai ragazzi è che hanno perso un anno. Penso che sarebbe opportuno cominciare a capire che questa storia di perdere un anno non è affatto vera neanche sotto un profilo strettamente materiale perché nella vita, dopo la scuola, di anni spesso se ne perdono molti di più. E poi la vita non è una gara a cronometro.
Si rischia però davvero di perdere un anno se non si capisce che cosa è successo, che cosa ha portato a questo risultato negativo. Diciamolo con chiarezza una volta per tutte: essere svogliati, non riuscire a concentrarsi, disinteressarsi dello studio e quindi andare male a scuola è un sintomo di qualcos’altro che non va. Non c’è il bambino che nasce volenteroso e quello che nasce svogliato. Sebbene io sia sicuro che lo stiano cercando alacremente, non credo scopriranno mai il gene che non ti fa avere voglia di fare un cazzo!
Allora io dico che un anno così non è un anno perso se intelligentemente si riesce a trasformare la bocciatura – che induce a pensare al fallimento – in una situazione invece di crisi ovvero di movimento che ci può e ci deve spingere a cercare di capire che cosa è successo, perché non mi sono impegnato, perché non sono riuscito a stare sui libri e da lì può partire anche l’esigenza di farsi aiutare ma non nel senso delle ripetizioni, nessuno è scemo, ma di un aiuto psicologico per superare la crisi.
La scuola dovrebbe avere ben altri compiti che non quello di bocciare gli alunni. I professori dovrebbero chiedersi perché non sono riusciti a coinvolgere il ragazzo oppure perché non si sono minimamente preoccupati o, peggio ancora, accorti della delicata situazione psicologica che il ragazzo stava vivendo. Ma mi rendo conto che nella scuola di oggi è difficile avere il tempo per riuscire a fare tutto questo anche se ci sono ottimi professori che invece il tempo (l’interesse?) riescono a trovarlo.
Però riuscire a trasformare la violenza dell’insensibilità e della freddezza dell’istituzione scolastica in una occasione di ricerca e di crescita è una dimostrazione di intelligenza che ci permetterà di risparmiarci altri passi falsi più avanti quando le situazioni rischiano di essere più complicate.
Marco Michelini
Che bomba! 😍