LA BOCCIATURA È IL FALLIMENTO DELLA SCUOLA
Leggendo l’articolo “Sono stato bocciato. Ho perso un anno!” di Marco Michelini, mi è tornato alla mente un ricordo personale.
Avevo 11 anni, prima media. Timidissima… Oggi avrei avuto una diagnosi di “mutismo selettivo”. Studiavo, ma nelle interrogazioni, pur sapendo le risposte, non riuscivo ad aprire bocca. Bocciata!
Erano molti anni fa e nella scuola non esisteva neanche l’idea di uno sportello di ascolto né tantomeno quei PDP (Programmi Didattici Differenziati) che ora imperversano.
L’anno scolastico successivo, ovviamente ripetente: 7 in condotta e ottimi voti in tutte le materie. Non ho più smesso di “chiacchierare”!
Come ho vissuto la bocciatura? Non un fallimento, non una rinuncia, ma una spinta fondamentale.
Nella scuola di oggi ci sono sportelli d’ascolto, PDP per più svariate diagnosi, progetti di inclusione e altro. Tutto questo, purtroppo, non risolve molti casi difficili: allo sportello di ascolto non vanno gli studenti più problematici; i PDP sono pezzi di carta che comunicano quello che lo studente non può fare, nessuna indicazione per un superamento delle problematiche; i vari progetti di inclusione sono spesso sporadici e non aderenti alla reali esigenze degli studenti.
Gli insegnanti si possono grosso modo dividere in due categorie: gli intransigenti per i quali, se uno studente va male nella propria materia, è perché non studia e la valutazione finale sarà un’insufficienza più o meno grave; poi ci sono i “buoni”, quelli per i quali una sufficienza non si nega a nessuno. Le due categorie, apparentemente opposte, si equivalgono nell’annullare la realtà umana dello studente: la prima non vede che andare male a scuola è il primo sintomo di qualcosa che non va; la seconda “fa finta” che tutto vada bene.
La scuola dovrebbe essere un’altra cosa! Una presenza costante dello psicologo con attività nelle classi, per scovare le situazioni problematiche e fornire un supporto ai docenti che psicologi non sono e, a parte qualche caso di formazione personale oltre che di grande umanità, spesso non sanno come affrontare studenti con problematiche anche molto serie e, a volte, non le vedono proprio. Indispensabili corsi di formazione per i docenti, tenuti da personale specializzato e veramente preparato, che aiutino i docenti a scoprire cosa si nasconde dietro lo sguardo degli adolescenti che hanno di fronte tutte le mattine
In assenza di strumenti adeguati, quali strade possono percorrere gli insegnati quando, alla fine dell’anno scolastico, devono “scrutinare” uno studente con molte gravi insufficienze?
I “buoni” propongono di alzare qualche voto e di far sostenere prove di recupero dopo un paio di mesi, i “cattivi” la bocciatura. Arrivati alla fine dell’anno, i giochi sono fatti, nessuno si chiede se ha veramente fatto il possibile per aiutare lo studente nei tanti mesi precedenti.
Devo confessare che, in alcuni casi, mi sono trovata a votare per la bocciatura nella consapevolezza che quello studente non sarebbe stato in grado di recuperare in due mesi il programma di tre materie che non è riuscito a studiare in nove mesi. Questo con la consapevolezza che la bocciatura non sarebbe stata vissuta come un fallimento, ma come una pausa di riflessione per ripartire con una marcia in più. A volte si può scoprire che, dietro la mancanza di impegno scolastico, si nasconde una fase di crisi “di crescita”, il ragazzo o la ragazza sta cercando di capire cosa è veramente importante realizzare. Allora una pausa può essere utile. È quel che ho vissuto io a 11 anni!
Per fare in modo che l’eventuale bocciatura non venga vissuta come un fallimento, dovrebbe anche in questo caso esserci il supporto di uno psicologo che aiuti lo studente a comprendere quali problemi abbiano portato a quel risultato e a trovare le risorse interne per reagire positivamente.
Ma la responsabilità non è unicamente dei docenti. La scuola è oppressa da decenni da scarse e sporadiche risorse e, soprattutto, dall’ipocrisia di leggi e decreti che sembrano occuparsi dei problemi della scuola, ma in realtà nascondono un totale disinteresse per la formazione dei bambini e dei ragazzi. Tutto questo pone gli insegnanti in una posizione a dir poco scomoda, tra l’obbligo di osservare norme calate dall’alto, con intenti “politici” che ignorano la realtà della scuola, e l’endemica carenza di risorse, soprattutto umane oltre che materiali. Tutto ricade sulla “buona volontà” di chi è disposto a spendere ore, non considerate come tempo di lavoro, per parlare con gli studenti e soprattutto per farli parlare; per incontrare i genitori per comprendere cosa si nasconde nei rapporti familiari; per trovare il modo di creare sintonia con i colleghi, punto di vitale importanza: non c’è niente di peggio di un team docenti non armonico che invia messaggi “schizofrenici” e confonde soprattutto i più fragili.
La bocciatura è l’effetto di un fallimento della scuola nel suo insieme, non dello studente anche se poi a pagarne le conseguenze sarà lui.
Mariant
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