PLOT TWIST
Nella mia vita e nel mio lavoro con i ragazzi la domanda che mi pongo spesso è “Come è stato per me? Come mi sono sentita allora? Cosa ho pensato?”. E mi ritrovo a fare i conti con una storia personale ogni volta. Spesso partendo da notizie che riguardano il mondo della scuola mi ritrovo quindi a farmi domande simili ma stavolta non sono le notizie clamorose e terribili delle manganellate ai ragazzi che mi hanno fatto pensare. Quella è violenza pura e semplice, facile in fondo da rifiutare nettamente. Ho scovato una piccola notizia di poco conto ma che mi ha ricordato qualcosa. Ho letto di una proposta del ministero dell’Istruzione di utilizzare gli esiti delle prove Invalsi per l’accesso all’università *. In fondo per accedere a certi corsi di laurea è necessario un test, il voto di maturità ha un certo peso ma ho visto in questa proposta qualcosa di più pesante e pericoloso per i ragazzi.
Immaginate di essere uno studente degli ultimi anni delle superiori che deve “fare” mille cose: diventare maggiorenne, prendere la patente, prendere la certificazione linguistica, prepararsi per la maturità, decidere cosa fare dopo la maturità ed inoltre realizzare di dover lasciare in ogni caso la scuola, la vita di prima, per la vita che viene dopo. Allora mi è venuto in mente proprio quell’ultimo anno di scuola. Il mio liceo all’epoca propose un test orientativo sulla migliore scelta di studi per il nostro futuro. Non so ancora bene perché mi mandò in crisi una proposta del genere, fatto sta che feci in modo di essere assente quel giorno. Non sopportavo che un test fatto in quel momento dicesse di me cosa sarei stata brava a fare nella mia vita.
Temevo una discordanza coi miei sogni evidentemente.
Tornando ad oggi, con che peso sulle spalle quello studente alle prese con tutte quelle cose da “fare” dovrebbe pure pensare ad un test che potrebbe precludergli una strada. Un test fatto in un momento particolare, unico nel suo genere proprio perché un giovane ragazzo è alle prese con realizzazioni e separazioni in quel momento della sua vita.
E può capitare che quel momento sia quindi difficile e faticoso, che si vada un po’ in crisi, che si faccia un po’ di casino rispetto il programma stabilito dalla scuola e dal mondo adulto. Perché fare un test con una risonanza così grande sul futuro? Chi è più bravo, ha il “merito” di essere ben inquadrato magari ce la fa. E gli altri?
Dietro una proposta del genere vedo una cecità rispetto quello che sono i giovani. Sembrano sempre di più animaletti da incasellare in un percorso il prima possibile e da domare per sempre se troppo irrequieti.
La bellezza dei ragazzi invece è proprio quella irrequietezza, quella mobilità che gli permette di essere una cosa poi di esserne un’altra. Passare da essere un bambino ad essere un adolescente è un processo radicale che fa sparire qualcosa per esserne un’altra, tutta nuova e diversa dalla precedente.
E’ possibile quindi stravolgere ogni pronostico? E diventare ciò che era assolutamente invisibile agli occhi degli altri quando si era piccoli?
E’ possibile essere diversi rispetto il punto di partenza?
Oggi rivendico che ho fatto bene a non farmi dire in cosa sarei stata brava perché dovevo scoprirlo da sola addirittura stupendo le miei stesse aspettative.
*Era solo un brutto sogno, la notizia è stata poi smentita.
Maria Giubettini
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