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FEMMINICIDI, DOMANDE INTELLIGENTI E RISPOSTE INTERESSANTI. 

<strong>FEMMINICIDI, DOMANDE INTELLIGENTI E RISPOSTE INTERESSANTI. </strong>

Leggevo nei giorni scorsi un report del Ministero dell’Interno sul tema del c.d. “femminicidio”, dove si legge che “Gli omicidi con vittime di genere femminile evidenziano nel 2022 un incremento (…) le donne vittime di omicidio costituiscono il 39% del totale (…) nell’ambito familiare/affettivo si evidenzia come la percentuale delle vittime donne si assesti al 74% dei casi (103 su 140). Inoltre si rileva come, tra le persone uccise dal partner o ex partner, la percentuale di donne raggiunga il 91%.

Numeri agghiaccianti, che sembrano “lontani”, eppure non è così.

Io ad esempio ogni volta che leggo di questi “femminicidi” penso a M., la collaboratrice domestica che aiutava in casa quando ero adolescente. Una persona gentile, sempre sorridente. Viveva con il figlio di 9 anni, A., un bambino bello e gentile anche lui. Si era separata dal marito, perché era troppo geloso ed era diventato anche violento. Ero sempre molto colpita quando mi raccontava di questo ex marito. Prima del matrimonio non c’erano stati episodi di violenza o gelosia eccessiva. Almeno così la raccontava lei, forse perché si vergognava di dire che lo aveva sposato pur avendone intuito (o già subito) la violenza. Dopo il matrimonio invece un’escalation che in pochi anni culmina con un coltello da macellaio lanciato contro M. (che lo schiva), che aveva A. in braccio, nel negozio di alimentari che gestivano insieme. M. finalmente trova la forza di separarsi. Per qualche tempo lui sembra accettare la separazione ed M. e A. vivono tranquilli, poi lui ricompare, insiste per vedersi…. lei ha paura… lo denuncia anche… Ma lui una mattina si presenta alla sua porta, lei non apre, lui finge un malore e lei gli crede e lo fa entrare; lui fulmineo chiude la porta, tira fuori un taglierino e inizia a colpirla. In totale 90 coltellate di cui due profonde ad organi vitali. Il tutto davanti ad A., terrorizzato. I vicini chiamano la polizia, lei viene soccorsa e portata in rianimazione. Dopo 2 mesi di rianimazione, per fortuna, lei è fuori pericolo. Lui arrestato e condannato a 9 anni per tentato omicidio. M. ed A. ci hanno messo anni per riprendersi, anni. 

Questo succedeva più di venti anni fa e ricordo le mille domande senza risposta sul perché lui avesse quella violenza dentro e perché lei lo giustificasse in qualche modo.

Sarà per questo che mi sono ritrovata nelle riflessioni proposte lo scorso 3 febbraio in questo blog da alcuni ragazzi del liceo Grassi di Latina, che hanno scritto un articolo pieno di spunti e di domande sull’identità femminile e in particolare, sulle ragioni profonde della violenza  che le donne spesso subiscono (fino al loro omicidio) quando si permettono di far emergere la loro identità e cosa si possa fare per aiutare le donne a conquistare la libertà di essere e realizzarsi. Sono rimasta colpita della profondità e intelligenza delle riflessioni di questi ragazzi e anche delle domande che hanno posto. Domande complesse a cui è difficile dare risposte sintetiche che non siano banali e a cui Marco Michelini, nell’ articolo su questo blog che mi ha preceduto, ha provato a rispondere, riuscendo benissimo a centrare il cuore del problema: “quello che non appare sui giornali è una “uccisione” quotidiana che accade all’interno delle mura domestiche, fatta di svalutazioni e negazioni dell’identità femminile” … “dobbiamo pensare che il problema sta in quei maschi che non sono riusciti a realizzare e a tenere dentro di sé l’immagine femminile.“ … “Dobbiamo però anche chiederci perché certe donne si innamorano di questi uomini. (…) queste donne hanno creduto in una loro inferiorità…”. “Da una parte penso ad una necessaria e profonda crisi dell’identità maschile così come ci è stata consegnata da millenni di storia. Nello stesso tempo la donna deve rifiutare la violenza culturale subita nel corso del tempo e riappropriarsi con orgoglio di una propria identità femminile diversa da quella maschile.

Quanto è vero quello che scrive! E lo si può toccare con mano se si conoscono vittime di violenza di genere: ogni volta che M. mi parlava dell’ex marito, prima dell’aggressione, mi colpiva come lei in qualche modo lo “giustificasse”. Diceva che era così perché aveva il diabete e il diabete fa diventare aggressivi, ma che era una brava persona. Che le voleva troppo bene e non riusciva a controllarsi. Nel tono della voce di M. c’era sempre evidente un senso di colpa, quasi sentiva che in fondo era lei a provocare quegli scatti d’ira, che certo non avrebbero dovuto esserci, ma in qualche modo era colpa sua… Nemmeno dopo il tentato omicidio M. riusciva a tirare fuori una reazione diversa dal terrore, e dal senso di colpa di non essere stata adeguata, di non aver visto bene il suo carnefice. 

Del resto, sono anni che non si fa altro che discutere dei numeri dei femminicidi e di un fenomeno che non si arresta, ma anzi si aggrava sempre di più e i media rimangono ancorati a termini quali “amore malato”, “gelosia eccessiva”, che sono falsi e distorsivi del fenomeno. Raramente si sente denunciare il fenomeno con il suo nome: malattia mentale grave, gravissima. E ancora più raramente (forse mai) si parla di violenza culturale e si propongono soluzioni che partano dal rifiuto di questa violenza.

E allora che bello che dei liceali facciano domande intelligenti e che ci sia chi propone risposte diverse e interessanti! Grazie!

E chiudo con le bellissime parole dello Psichiatra Massimo Fagioli, ascoltate durante un incontro pubblico all’’università La Sapienza: “L’uomo nuovo che ammira e rispetta, accetta la donna creativa senza diventare religioso deve derivare dalla donna stessa; è la donna che mette al mondo (non in senso biologico) un uomo nuovo che riesce ad accettare la possibilità della donna di essere creativa. Se questo riuscissimo prima a pensarlo e poi a farlo, allora forse riusciremo anche a trovare la soluzione a certi disturbi …se la donna riesce a realizzare la sua identità e se l’uomo rispetta e aiuta la sua identità probabilmente la nascita degli esseri umani e il primo anno di vita può sviluppare un uomo diverso”.

Luigia Lazzaro

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Foto scattata da: Maddy-Freddie
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