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DIARIO DI UN CIC IN PANDEMIA

DIARIO DI UN CIC IN PANDEMIA
Cercare una soluzione diversa

Marzo 2020: la separazione

All’improvviso, un giorno di marzo del 2020 inizia il lockdown. Contemporaneamente apriva anche il nostro sportello di ascolto online per le scuole.

Tutte le famiglie si ritrovano a vivere una realtà nuova e senza precedenti: genitori e figli, insieme per forza, insieme per sempre, 24 ore su 24, senza possibilità di separarsi.

I più giovani fino a quel momento erano abituati a vivere una quotidianità separata dai genitori, in cui affrontavano da soli la didattica, le interrogazioni e le verifiche, il rapporto con gli amici e con gli insegnanti. Tutto un mondo in cui potevano mettersi in gioco in completa autonomia! Questo da una parte responsabilizzava i ragazzi, ma allo stesso tempo certi malesseri e situazioni critiche potevano non essere viste da genitori che si incontravano con i figli solo al momento della cena.

La mancata separazione dal contesto familiare durante il lockdown ha messo in luce talvolta l’incapacità a stare insieme ma anche e soprattutto a non saper dire NO quando un rapporto diventava soffocante, magari quando non c’era neppure lo spazio per allontanarsi e rielaborare una relazione difficile.

E così tanti ragazzi hanno iniziato a scriverci…

E poi c’erano i genitori, che hanno potuto essere maggiormente in contatto con la realtà dei loro figli. I più attenti e sensibili hanno riconosciuto le possibilità dei loro ragazzi e allo stesso tempo le difficoltà che stavano affrontando e che magari nel vortice e nella frenesia che ha caratterizzato la società sino al 2019 non erano riusciti a vedere. Nella maggior parte dei casi la dialettica all’interno dei nuclei familiari è aumentata, portando così ad una maggiore conoscenza reciproca tra genitori e figli. In altri casi, genitori schiacciati dalle preoccupazioni del periodo hanno riversato l’ansia sui loro figli diventando intrusivi rispetto al loro mondo scolastico e sociale. Anche in questo caso i genitori più attenti hanno riconosciuto le loro carenze e questa maggiore consapevolezza li ha spinti a chiedere aiuto rivolgendosi a noi.

E ancora gli insegnanti. Durante il lockdown alcuni di loro con tutta la loro sensibilità umana sono riusciti a proporre un nuovo modo di fare lezione e di interessarsi agli adolescenti. Hanno realizzato quella didattica che Sara Lazzaro nell’intervista che potete trovare sul nostro blog, ha chiamato “attivazione di conoscenza”, cioè non solo impartire nozioni all’interno del rapporto insegnante-discente, ma qualcosa di nuovo, in cui gli studenti si sentissero parte attiva della loro formazione e in cui emergesse l’interesse da parte degli adulti. Ma c’è da dire che, purtroppo, molto spesso questo non è avvenuto. Gli insegnanti alcune volte hanno continuato a proporre una didattica frontale, senza preoccuparsi della realtà personale che ogni ragazzo era costretto ad affrontare, magari proprio perché gli insegnanti stessi hanno vissuto realtà personali molto difficili. Tutto questo ha spinto gli insegnanti più sensibili a segnalare le situazioni critiche e allo stesso tempo a rivolgersi allo sportello di ascolto per chiedere aiuto sulle loro difficoltà di insegnanti e adulti che affrontano una lezione online.

Settembre 2020: delusione e ribellione

Dopo il lockdown, un altro momento significativo per la scuola è stato l’inizio del nuovo anno scolastico. Si arrivava dall’estate 2020 in cui c’erano state molte riaperture. Gli adolescenti hanno assaporato di nuovo una possibilità di libertà, di separarsi dai diversi contesti per viversi il proprio mondo sapendo che alle loro spalle c’erano adulti responsabili, ma sono stati di nuovo delusi dagli adulti stessi. Durante il lockdown di marzo 2020 sono stati delusi da genitori angosciati e impreparati ad affrontare la nuova realtà e da insegnanti spesso incapaci di inventarsi una nuova relazione con gli studenti. Inizialmente sono tornati in classe al 50%, metà classe online e metà in presenza. Ma poco dopo l’inizio del nuovo anno scolastico altra delusione, la chiusura delle scuole dopo due mesi dall’inizio, e tutti di nuovo in DAD.

La delusione in parte si lega al fatto che gli adulti, genitori e insegnanti, erano ancora una volta in difficoltà, e gli adolescenti che volevano viversi le loro esperienze supportati dagli adulti stessi si sono trovati senza riferimenti, anzi additati come irresponsabili per aver aumentato il numero di casi di COVID. I ragazzi, in alcuni casi, si sono ribellati ma in un modo patologico, nelle situazioni più gravi con l’autolesionismo, il tagliarsi, oppure smettendo di mangiare oppure con le risse organizzate in strada.

Tanti altri ragazzi però hanno trovato una soluzione diversa: hanno chiesto aiuto, ci hanno scritto ancora…

2021: le soluzioni semplici

Vi raccontiamo un incontro con tutte le prime classi di un liceo. Abbiamo chiesto loro come fosse stato il passaggio dalle medie alle superiori e come stessero affrontando la nuova scuola. Sono venute fuori problematiche vecchie e nuove e tante risorse messe in gioco. Pensate che gli studenti del primo anno, che da settembre affrontavano la didattica al 50% per gran parte dell’anno non hanno mai incontrato tutti i loro compagni. Questo a volte ha portato ad una divisione netta tra gli studenti: immaginate una classe divisa in due secondo ordine alfabetico, come se le persone fossero numeri, come se fossero davvero due classi diverse. In altri casi invece, anche grazie ad un sensibile corpo docenti, la didattica è stato proposta rimescolando i due gruppi e permettendo così a tutta la classe di conoscersi. Ecco questo è un esempio interessante di come con semplicità le cose possano funzionare, di come un adulto attento e sensibile alle esigenze degli adolescenti possa fare la differenza riconoscendo quanto la scuola sia un luogo prevalentemente sociale.

E i ragazzi l’hanno capito perfettamente: le richieste che ci hanno fatto sono state più personali e profonde; hanno distinto in maniera più netta il fatto che c’è crisi e crisi, problema e problema, un conto è una normale crisi o difficoltà adolescenziale, un conto è una crisi diversa, un conto è stare male.

I ragazzi di fronte a tutte le novità degli ultimi anni ci stanno facendo domande, stanno cercando qualcosa di nuovo.

E noi siamo abbastanza nuovi per rispondere?

Maria Giubettini

Walter Di Mauro

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