LA LIBERTA’ DI SCEGLIERSI IL PROPRIO TEMPO
Nella formazione la scuola deve avere il coraggio di rifiutare il modello aziendale.
<<I ragazzi devono per forza sapere cosa faranno da grandi? >> ci domanda la dott.ssa Valeria Verna nel bell’articolo “INTENZIONALITA’ COMUNICATIVA “ uscito la scorsa settimana su questo blog, chiamando naturalmente in causa il mondo della scuola. La risposta che emerge immediata e’: <<assolutamente no!>>.
E’ un “no” fermo, deciso, di cui sono profondamente convinta perché da tempo avverto una specie di disagio silenzioso, la percezione sottile di troppe note stonate nel sistema della formazione, di cui anche io faccio parte, e più in generale nella realtà che osservo intorno a me. Proponiamo ai giovani adolescenti un modello di perfezione astratta e violentissima : devono essere belli, saper fare, competenti, consapevoli, proiettati sin da piccolissimi alla costruzione del loro futuro lavorativo. Gli riempiamo la vita di cose da fare (l’inglese, lo sport, la scuola, i compiti, lo strumento musicale…se gli va male anche il catechismo!) e in ogni cosa devono eccellere o perlomeno non destare alcuna preoccupazione nel mondo adulto di riferimento. L’insuccesso non è previsto e quando inevitabilmente (o fortunatamente direi…) lo incontrano diventa un elemento destabilizzante che, talvolta, manda in crisi tutto il nucleo familiare. Spesso mi accade durante i ricevimenti dei genitori, di vedere adulti visibilmente angosciati perché i figli prendono un quattro o “arrancano” durante l’anno scolastico, come se il loro insuccesso (a volte assolutamente occasionale) diventasse un giudizio di inadeguatezza genitoriale (troppo spesso avallato dagli stessi docenti) che manda completamente in tilt l’immagine della “perfetta cornicetta” familiare. Certo la cultura dominante non aiuta con la sua ossessiva proposizione dell’ideale di Homo economicus la cui esistenza deve realizzarsi nella produttività , nel guadagno, nel successo personale e lavorativo. Né tantomeno aiuta la stucchevole e anacronistica gabbietta della famiglia borghese (…stile pubblicità del Mulino bianco!) che imprigiona le singole esistenze in ruoli rigidi e ripetitivi. Ma la scuola in tutto questo? Quella scuola che dovrebbe essere un faro, uno spazio di libertà, il regista di nuovi orizzonti, quella scuola che proprio durante l’adolescenza dovrebbe regalare indimenticabili spazi di relazione, di aperture, di libertà, dov’è?
La scuola ha purtroppo introiettato il modello aziendale, si è riempita di parole vuote (ad esempio “saper essere”….ma che significa?! Mi fa venire i brividi!), di Alternanza scuola/lavoro (che ha dietro l’idea di una preparazione pratica, immediatamente spendibile sul mercato del lavoro) di una serie infinita di test (test di valutazione, test Invalsi, test per l’ingresso all’università già durante l’ultimo anno delle superiori….una follia! Non è ancora finito un percorso e uno già deve pensare o sapere cosa scegliere e se poi fallisce il test, non può realizzare aspirazioni o curiosità!). Ma perché tutta questa fretta? Fretta di fare cosa?
Penso allora che forse il problema ce l’abbiamo noi, gli “ adulti”, siamo noi che ci siamo persi qualcosa, che magari ci siamo “dimenticati” che la dimensione creativa ed affettiva, nelle relazioni, nel lavoro, anche nel rapporto con il mondo della natura è l’aspetto più bello dell’esistenza. Forse ci siamo persi il senso del nostro stare al mondo, il senso del tempo e “ingabbiando” la vita dei giovani, che di tempo ne hanno tanto, tentiamo di nascondere le nostre angosce. Però così il tempo rischiamo di rubarglielo ai giovani…e invece loro devono volare liberi, avere la possibilità di fare anche cose apparentemente “inutili”, prendersi il lusso come Charlot di camminare mano nella mano con un amore, un’idea, un desiderio…. I giovani devono poter scegliere il loro tempo….
Sara Lazzaro
Si si tutto giusto ma ritrovarsi un 30enne a casa è duro perché non si è adeguato nell’impegno nel saper cosa avrebbe voluto fare da grande ma uscire la sera avere una macchina e spinellarsi l ha introiettato e allora pazienza crescerà .Ma un lavoro del c…lo aspetta (scusate magari insieme ai Rumeni per mondo convenienza)e allora ragazzi inquadratevi anche per non diventare carne da macello.
Grazie Gabriella per il tuo punto di vista che ci invita a riflettere… io nell’articolo mi riferivo ad una impostazione generale della scuola e della società che spesso mi sembra più rivolta a costruire persone pronte ad una prestazione che a sostenere le loro aspirazioni. Poi certo, hai ragione tu….quando i ragazzi si “perdono” o non riescono più a cercare una loro strada, la scuola dovrebbe intervenire per tempo, con strumenti e professionalità adeguate, proprio per evitare che un eventuale periodo di crisi si trasformi nell’impossibilita’ di costruire il proprio futuro.