A PROPOSITO DI MATURITA’
In questi giorni a scuola c’è una gran fermento tra gli studenti e i docenti delle classi quinte per il dibattito che si è aperto a seguito della petizione degli studenti, indirizzata al ministro Patrizio Bianchi, per abolire le prove scritte dell’esame di maturità. Insegnando in una classe quinta, vengo immediatamente chiamata in causa dagli alunni:<<Le sembra normale prof, che a metà novembre ancora non sappiamo come sarà il nostro esame di quest’anno?>>
Non mi sembra normale ed anzi mi costringe a spostare l’asse della riflessione sul significato dell’esame, per tentare di comprendere il senso della petizione, quali eventuali esigenze degli studenti porti con sé e perché abbia prodotto un coro di protesta nel mondo della scuola (salvo rare eccezioni).
Parto dalla parola “maturità”, così terribile e seduttiva che mi riporta all’idea di un percorso che si chiude, di una separazione dall’adolescenza, dai compagni, dagli spazi scolastici, dai prof, dal vissuto quotidiano di un quinquennio. E’ l’attraversamento di un guado per continuare a navigare nel fiume dell’esistenza e provare a spiccare il volo verso il nuovo. Gli studenti questo lo sanno bene, lo sentono (anche quando sembrano affrontare la questione in modo poco consapevole) e per questo rivendicano la possibilità di affrontare le prove con serenità.
E’ vero che la scrittura, come atto creativo dell’essere umano, non può essere un elemento trascurato nella formazione dei giovani, perché attraverso di essa passa l’espressione consapevole di sé, la possibilità della riflessione profonda come prodotto di una ricerca, di una rielaborazione assolutamente personale ed originale dell’io. Ed è anche vero che l’impostazione didattica degli ultimi decenni ha pericolosamente sottovalutato questo aspetto della formazione, in nome delle famose “competenze spendibili”, troppo spesso interpretate come memorizzazione di contenuti e riproduzione acritica degli stessi. E’una ferita che ha origini fin dalle scuole elementari, se pensiamo che sempre più studenti arrivano all’istruzione secondaria superiore senza utilizzare il corsivo, preferendo la scrittura in stampatello perché più “semplice” e facilmente comprensibile a chi legge e valuta la produzione scritta. Forse è su questo, che bisognerebbe aprire un dibattito, ed eventualmente intervenire per correggere il tiro. Ma cosa c’entra l’esame di Stato?.
Se l’esame deve essere l’espressione di quanto ciascun alunno ha “imparato”, della sua specificità, perché deve limitarsi ad una o più prove scritte uguali per tutti e ad una prova orale in cui , secondo la normativa ancora vigente, si debbono conoscere tutti i contenuti delle singole discipline, un mare magnum di informazioni sui quali si deve essere “interrogati”?. I docenti hanno avuto ben cinque anni per valutare ogni singolo percorso disciplinare degli alunni! Perché la prova o le prove non possono essere una produzione originale del singolo, una narrazione significativa della sua formazione e della sua personale risposta al processo formativo? Perché l’esame deve essere un indagare, un correggere, un interrogare, e non un vedere, un ascoltare la “storia” di un percorso?
Forse la questione posta dagli studenti non è solo quella di “evitare” le prove scritte, ma rivendicare il diritto ad una nuova forma di esame, che sia veramente l’espressione di sé e non l’angosciante riproposizione cumulativa, in pochi giorni, delle valutazioni di un intero quinquennio.
Sara Lazzaro
Certamente a mente fredda uno Stato che ha bisogno di un esame di Stato per verificare il lavoro svolto dalla scuola di Stato fa un po’ ridere. Avrebbe senso per le scuole private, ma in questao ambito si aprirebbe una discussione infinita. Vorrei spostare l’attenzione sul fatto che un esame di Stato sostenuto dagli studenti avrebbe di per sé una duplice natura, valutazione degli studenti ma anche valutazione della scuola, ma su questo piano nulla è stato fatto in tanti anni per la scuola superiore. In mancanza di questo aspetto determinante del problema continuiamo a camminare con una gamba ed hanno ragione gli studenti a pretendere prove d’esame più coerenti con le loro aspettative.