Una volta qui scorreva un fiume
Una riflessione sul cambiamento climatico
Cambiamento climatico. Due parole che sentiamo nominare da tanti anni eppure soltanto ora sembrano avere acquisito un senso per ognuno di noi. Le immagini del Po in secca e del ghiacciaio della Marmolada sono state uno schiaffo in faccia. Uno di quegli schiaffi che ti fanno svegliare da uno strano torpore…mi ricorda un po’ ciò che è successo nel 2020 con il Covid 19. Come direbbero i ragazzi del video su questo blog: “ci voleva una pandemia per farci capire che sbagliavamo”.
Ci trovo però anche una differenza: con la pandemia quasi tutti (politici, intellettuali, economisti e gran parte della popolazione) hanno dato fiducia a medici e ricercatori che si sono impegnati fino allo sfinimento, in alcuni casi anche con la vita, per arginare i contagi e trovare una cura e un vaccino. Con il cambiamento climatico invece è tutta un’altra storia. Sembra sempre che ci sia qualcosa di più importante da fare prima di cercare una soluzione e i vari governi (in particolare il nostro) cercano palliativi o si occupano di altro e questo è sconcertante. È sconcertante perché non fare niente di fronte ad una cosa evidente toglie speranza alle persone.
Questa inerzia e cecità mi da la sensazione che sono troppo piccola e sola per poter fare qualcosa e che devo subire passivamente le scelte sbagliate di coloro che avrebbero il potere di fare qualcosa. Sono sicura di non essere la sola a sentirmi così. E allora mi chiedo che idea ci sia dietro questa inerzia, questa volontà di non fare niente. Forse l’idea che gli esseri umani possono solo distruggere? Che sono brutti per natura e allora rendono brutto ciò che li circonda? Questa può essere una realtà, ma non è di certo la verità della specie umana. Per esempio se qualcuno vive in uno stato di abbandono, tratta la propria casa come una discarica e trascura se stesso e il posto dove vive si attivano i servizi sociali e spesso interviene anche lo psichiatra perché se una persona non si cura più del proprio ambiente è un segno di malessere. Quindi è malattia mentale e non fisiologia della mente umana. Allora perché se lo facciamo collettivamente smette di essere malattia e diventa normalità? E perché poi la normalità diviene impossibile da cambiare?
Qualche giorno fa ero in campagna con un caro amico e lui guardando un’ape dentro un fiore ha detto: “che carino”. Un’affermazione semplice, anche banale se vogliamo eppure mi ha fatto fare delle domande. Cosa stiamo facendo scomparire e per avere cosa in cambio? Forse non stiamo uccidendo solo la natura ma anche la nostra tenerezza. La capacità di notare una cosa semplice e di pensare che sia importante. La stiamo buttando via per il cellulare nuovo, lo spritz delle sette e il cibo in scatola? La cancelliamo ogni mattina imbottigliati nel traffico con il motore acceso? Siamo sicuri che è impossibile pensare di cambiare?
Le nuove generazioni già ci stanno pensando, lo sanno che noi abbiamo sbagliato. Ora sta a noi ammettere l’errore e rispondergli. Non possiamo dirgli che non capiscono come va davvero il mondo, che sono ancora troppo giovani per sapere cosa è giusto. In fondo ognuno di noi sa con certezza cosa sia giusto: è giusto smettere di distruggere, è giusto cambiare. Non solo è necessario, è anche possibile. E magari fra 10 anni non sentiremo un bambino chiedere: “papà cos’è un ghiacciaio?” “Una cosa bellissima, era una cosa che dava acqua a tanti ruscelli e questi diventavano fiumi. I fiumi abbracciavano le colline come se volessero accarezzarle. Accanto alle loro rive si dissetavano le foreste. Si srotolavano come fili su tutto il pianeta per chilometri e alla fine sboccavano in mare. Ora si sono estinti un po’ come i dinosauri, solo che è stata colpa nostra”.
Ma tornando al presente, c’è un’intera generazione di adolescenti incazzati che ci guarda con disprezzo e non per una effimera ribellione ma perché non ci stiamo muovendo, non stiamo facendo niente. Lo sentono che la nostra non è solo pigrizia ma disinteresse. Dentro di noi un tempo c’era la loro stessa scintilla, quella che ti fa cercare gli altri e ti fa pensare che insieme non solo puoi crescere, ma forse riesci pure a cambiare la realtà. Ora noi dobbiamo essere contemporaneamente adolescenti ribelli e adulti responsabili, teneri come bambini e sensibili come donne, ma con la forza e la tenacia di un uomo esperto. Adesso siamo cresciuti, ora dobbiamo cambiare questa realtà.
Gioia Piazzi
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Una riflessione sul cambiamento climatico
Purtroppo il Covid mi ha sdraiato in questi giorni e leggo solo ora questo bellissimo articolo di Gioia e noto con stupore che non ha ricevuto alcun commento. Allora penso che quando scrivi, riferendoti ai politici, “sembra sempre che ci sia qualcosa di più importante da fare…”, questi politici possono muoversi così perché in fondo siamo noi a fare un’alleanza con loro per poi lamentarci perché “loro” non fanno niente. Chi fa il mio mestiere la chiama dinamica sadomasochistica ma chiamatela come vi pare, l’importante è sapere che se ne esce soltanto legandosi a quel bellissimo passaggio “… Sono sicura di non essere la sola a sentirmi così. E allora mi chiedo che idea ci sia dietro questa inerzia, questa volontà di non fare niente. Forse l’idea che gli esseri umani possono solo distruggere? Che sono brutti per natura e allora rendono brutto ciò che li circonda? Questa può essere una realtà, ma non è di certo la verità della specie umana.” Serve cioè un pensiero nuovo sulla realtà umana che abbia “…la forza e la tenacia di un uomo esperto…ora dobbiamo cambiare questa realtà”