UN TEMPORALE NERO ALL’ORIZZONTE
Pochi giorni fa ho letto due notizie che mi hanno lasciato sconcertata. Da una parte la Russia minaccia di usare ordigni nucleari ma contemporaneamente sembra aprire una possibilità di dialogo, dall’altra il presidente ucraino si rifiuta di intraprendere una dialettica con il suo aggressore.
Intanto in Europa avanza il colore nero e anche l’Italia dopo il 25 settembre sceglie di ripiombare nel fascismo.
Da qualche mese mi chiedo cosa stia veramente accadendo, contro cosa sia diretta questa violenza reazionaria.
Così mi viene in mente quello che sta accadendo in Iran: migliaia di donne che dicono “No!”, che si sono ribellate all’oppressione di un regime che le voleva rinchiuse e coperte. E molti uomini si sono uniti alla loro battaglia.
Penso poi a Giorgia Meloni, la prima donna presidente del consiglio e mi rendo improvvisamente conto di quanto siamo arretrati rispetto all’Iran. Lì le donne sono disposte a morire per conservare la loro identità di donne, qui una donna ha dovuto abbracciare i valori più tradizionalisti ed oppressivi per poter occupare una delle massime cariche dello Stato.
Sono addolorata, avrei voluto essere fiera di questo momento del mio Paese: una donna premier. Invece non lo sono e non è perché io e la presidente Meloni abbiamo idee politiche diverse. Paradossalmente spero che la sua legislatura duri quanto basta a far elaborare all’Italia (di nuovo) cosa sia il fascismo perché forse la prima volta ci siamo girati dall’altra parte. Italiani brava gente. Sono addolorata perché avrei voluto che fosse un’innovazione assoluta e invece non lo è.
Però il problema non è solo italiano ma, come ho detto, ucraino, russo, bulgaro, americano, ecc. Forse la cultura occidentale è arrivata al suo termine? E se fosse vero, perché?
Potrei elencare innumerevoli difetti della nostra cultura: siamo vissuti sulle spalle di tutti gli altri popoli del mondo, consideriamo il profitto più importante delle persone, della vita e del tempo, siamo così razionali da diventare robotici, siamo così tronfi di noi stessi da considerare le altre culture inferiori. Eppure non mi basta. Io penso che se la cultura occidentale sta fallendo e morendo sia perché non ha movimento.
Cerco di spiegarmi: ogni cultura su questo pianeta non è una cosa a se stante ma è innanzitutto fatta dalle persone che curano e amano il loro territorio, i loro rapporti, il loro modo di vivere e di pensare la vita. Ma è anche fatta da contaminazioni. Queste a mio avviso sono la cosa più interessante. Conoscersi tra diversi, mischiarsi e poi lasciarsi portando con se ognuno un po’ dell’altro. Poter litigare senza offendersi, poter scoprirsi senza che uno domini l’altro, senza che uno si spaventi dell’altro. Invece l’Occidente nell’ultimo secolo ha solo accresciuto e conservato il suo stile di vita, il suo modo di pensare. Ha cancellato tutti gli altri. Li ha temuti, scacciati, abbandonati e fatti sparire (talvolta letteralmente in fondo al mare).
Forse proprio per questo Putin ha pensato di poter uccidere un popolo vicino per avere più potere e Zelensky ha pensato di potersi permettere di evitare una dialettica con la Russia, che la gente vota la destra e vuole il fascismo. Perché se non c’è movimento non c’è possibilità di cambiamento e allora non c’è più speranza e sganciare una bomba atomica diventa un pensiero possibile.
Invece il movimento esiste. Chiedetelo alle donne iraniane.
Gioia Piazzi
Questa cosa dell’assenza di movimento nel pensiero occidentale mi torna tantissimo. E mi torna come questo non sia solo relegato ad un problema italiano ma ben più largo. Ci riflettevo oggi, quando sul posto di lavoro, si parlava di politica. E lí mi sono addolorata anche io Gioia. La frase ricorrente era, “ora vedrete come ritornerà…”, ovviamente il riferimento era al regime fascista con tanto di “saluto” mussoliniano, fatto per enfatizzare il concetto. E mi sono chiesta quanto radicato sia questo pensiero senza movimento e di “paura” del diverso e quanto spesso noi donne ci siamo adeguate a questo pensiero piuttosto che rifiutarlo e “rischiare” la vita per questo. E se da una parte questo mi addolora, poi basta voltare lo sguardo e come giustamente sottolinei, ci sono le donne iraniane che ce lo dimostrano. E allora, nonostante tutto, mi muovo insieme a loro e continuo a portare avanti il mio rifiuto, attraverso un “pensiero nuovo”.
Mi colpivano le tue parole sulla violenza reazionaria che rimanda il pensiero ad un tentativo violento di restaurare qualcosa che si sta perdendo. E allora la domanda che viene è cosa è successo con la pandemia? Sicuramente non è stata la crisi sanitaria mondiale con le disastrose conseguenze e perdite di vite umane. Se invece fosse stata la capacità degli esseri umani di reagire con un movimento di solidarietà e di ritorno ai valori essenziali che è partito dal basso ed è emerso in un vuoto creato dallo sbandamento dei governi mondiali? E se fosse stato l’emergere di una possibilità nuova, di un movimento politico di sinistra?