SI PUO’ CONDIVIDERE IL “TIMONE” CON GLI STUDENTI
Riflessioni sull’esperienza di quest’anno scolastico.
Da mercoledì 22 giugno sono iniziati gli Esami di Stato ed io accompagno i miei studenti della classe quinta in questa ultima “prova”. Quest’anno sento fortissima la responsabilità di essere all’altezza del compito, sento che questo esame ancora così terribilmente e inutilmente strutturato deve diventare una loro realizzazione. Forse perché i ragazzi ci arrivano dopo due anni e mezzo di pandemia, prima percepita come “un’ apocalisse” e ora già derubricata dall’interesse generale o forse perchè siamo nel bel mezzo di una guerra, anche questa in pochissimo tempo trasformata in qualcosa di ordinario, da dimenticare presto, perché insomma si c’è ma che ci vuoi fare!
E’ stato un anno particolare ma anche molto intenso in cui in fondo sono io che mi sono fatta guidare dagli studenti. Ho navigato a vista senza badare troppo ai contenuti ma lasciando che le loro esigenze, le loro curiosità, le loro richieste fossero il vento che muoveva la nostra piccola grande nave di cui abbiamo condiviso il timone. La realtà esterna ci metteva a dura prova e così abbiamo tentato insieme di trasformarla in un’occasione per cercare, per capire, per crescere. Se si parlava della guerra o di come si arriva a concepire la sua “normalità” allora leggevamo il Manifesto futurista di Marinetti (<<Altro che parole in libertà prof! Questo è delirio in libertà!>>); se veniva sospesa l’assemblea sulla sessualità magari partivamo da La Lupa di Verga ( un altro bel personaggio che nonostante il contesto se ne fregava altamente dei pregiudizi del paesello!) e finivamo con Il Gelsomino notturno di Pascoli ( <<Prof ma sto’ Pascoli qualche problema con il sesso ce l’ha!>>)
Insomma ho provato ad esserci con loro, ad uscire dal “ruolo” (che poi in realtà mi sta sempre un po’ stretto) e non l’ho fatto con una scelta ragionata ma perché loro mi ci hanno portato. <<Di cosa parliamo oggi prof? Dove andiamo?>> e mi guardavano con quell’aria un pò divertita e un pò disperata che mi costringeva però a lasciare di nuovo gli ormeggi , quelli rassicuranti della lezioncina e dei contenuti solidi, per avventurarmi in acque talvolta tempestose anche se molto divertenti. Forse è questa la cosa che mi piace di più. Questi ragazzi mi hanno fatto un regalo, un bellissimo regalo, perché di fronte ad una comunicazione esterna che costruiva giorno dopo giorno un banale ritorno alla “normalità” come se nulla fosse accaduto, che ci invitava e ci invita ad inghiottire eventi, storie, vissuti come macchine tritatutto, che ci negava il diritto di “sentire”, di essere tristi, angosciati o arrabbiati , loro mi hanno insegnato a condividere uno spazio “altro”, a pretenderlo , a difenderlo come un’occasione, perché in un modo o nell’altro dovevamo nuotarci dentro. Abbiamo scritto, abbiamo riso, abbiamo “ litigato” con passione, abbiamo cercato immagini e parole che ci corrispondessero, abbiamo costruito un modo nuovo di stare a scuola. Non so se mentre eravamo tra le onde ce ne siamo resi conto ma ora che ci troviamo alle ultime battute il senso di quest’ anno mi appare chiarissimo ed è una bella sensazione. Tra pochi giorni finiranno il Liceo e io li vedrò allontanarsi verso altri oceani, ci dovremo giustamente separare ma non sono triste, perché mi porto addosso la bellezza dei loro regali e la consapevolezza profonda che il mio è un mestiere meraviglioso.
Sara Lazzaro
Il più bel mestiere del mondo, appunto, che richiede la ” maestria”, la capacità artigianale di adattare i “pezzi” al singolo oggetto, misurando, aggiustando, modificando ..
Ma alla base c’è sapere che diventa sapienza come costruzione sociale.bellissima la certezza dei doni che gli alunni ci fanno , che rendono unica ciascuna esperienza e ci fanno crescere insieme