ESPERANTO
È giugno, l’anno scolastico si è praticamente concluso e tra poco anche con i ragazzi che seguo al servizio dove lavoro ci si prepara alla pausa estiva..
Li sento spesso parlare tra loro ed è tutto un “A Fra, che te serve? A Fra lo so però che te devo dì Fra..” e così di seguito..
Allora mi è ritornato in mente un gioco che facevamo con i miei compagni delle medie quando per non farci capire dagli “altri” (soprattutto dagli insegnanti) inventavamo una specie di linguaggio cifrato che consisteva sempre nell’ aggiungere un “fra” però tra una sillaba e l’altra..
Una sorta di codice per cui se dovevamo dirci “ci vediamo dopo” la frase era “fra-ci-fra-ve-fra-dia-fra-do-fra-po-fra..”
All’inizio era complicato però dopo un po’ era divertente e quando riuscivi a dirlo velocemente era davvero incomprensibile!
Allora sono andato a ripescare da qualche parte nella memoria lo studioso che ha inventato l’Esperanto (“colui che spera”) un linguaggio originale e universale da affiancare alle lingue natie, pensato e costruito perché tutte le persone del mondo potessero parlarsi e capirsi, roba da barbosi intellettuali cervellotici direte voi e invece Zamenhof… aveva solo 19 anni!
Il suo scopo era quello di far dialogare i diversi popoli cercando di creare tra di essi comprensione e pace con una seconda lingua semplice ma espressiva, appartenente all’umanità e non a un popolo, oltre che di proteggere i cosiddetti idiomi “minori”, altrimenti condannati all’estinzione dalla forza delle lingue delle nazioni più forti, capaci di imporre sudditanze culturali..
Ed è proprio per questo motivo che l’Esperanto è stato protagonista di dibattiti riguardanti la cosiddetta democrazia linguistica, perché la sua principale caratteristica è la neutralità, non l’imposizione come lingua unica, di cui invece è stata accusata.
Zamenhof usò il suo bagaglio linguistico per creare una lingua che richiedesse un minimo impiego di risorse economiche, cioè alla portata di tutti, e diverse ricerche hanno dimostrato come sia semplice da imparare anche da autodidatti e in età adulta (per via delle forme regolari) e di come i ragazzi che l’hanno studiata si siano trovati facilitati nello studio di un’altra lingua straniera..
Vabbè, ma perché darsi tanto da fare?
Difficile distinguere la ricerca di uno studioso dalla storia della sua vita..
Zamenhof infatti conosceva bene la difficoltà che ha l’apprendimento di una lingua straniera, lui stesso usava quotidianamente russo e polacco, conosceva l’ebraico insegnatogli dal padre e al liceo studiò greco, latino, tedesco francese e inglese..
Lo spiega però molto meglio lui stesso in una sua frase:
“…sulla strada e nel cortile tutto a ogni passo mi faceva sentire che non esistevano uomini, esistevano soltanto russi, polacchi, tedeschi, ebrei spesso in conflitto tra loro… anche se molti sorrideranno del dolore per il mondo da parte di un bambino, a me allora sembrava che i “grandi” fossero onnipotenti… quando sarei stato grande anch’io allora avrei almeno provato a cambiare le cose”
Ma mica la presero tutti bene..
Il padre manco a dirlo bruciò tutti i suoi primi appunti (del “protoesperanto” non ci rimane più nulla) perché a suo dire lo distraeva dagli studi di medicina, ma lui non si arrese e nel 1878, nel giorno del suo compleanno, lesse ai compagni di classe la sua prima breve poesia in Espertanto, si laureò in medicina e divenne un affermato oculista..
Insomma il linguaggio per l’essere umano è stata un’invenzione o una scoperta? Oppure una creazione?
Boh, ci penserò durante l’estate, però intanto mi viene in mente un altro linguaggio inventato, quello dei segni, attraverso il quale le persone sorde possono comunicare a gesti..
Ne ho imparato qualcuno e sono di una bellezza talmente poetica da lasciare davvero senza fiato..
Ma c’e un altro linguaggio silenzioso e universale e che accomuna tutti gli esseri umani, prima che l’influenza culturale del paese di origine li differenzi tra loro, e non è molto diverso, basta cambiare.. una lettera!
È il linguaggio dei sogni, fatto di sole immagini, che tutti sin dalla nascita creiamo, quando ancora non siamo in grado di parlare e che poi ritroviamo la notte quando appunto la coscienza riposa ma il pensiero.. mai!
Mi capita spesso di affrontarle con i ragazzi che vedo, e alcune sono davvero capaci di restare indelebili.. per entrambi!
A volte si riesce anche a sorriderne, pensando a quel filo “invisibile” così importante in questo delicato periodo dell’anno durante il quale ci salutiamo..
Vabbè dai ci rivediamo a settembre tanto certi sogni sono come i primi amori:
Non si scordano mai
Marco Randisi
Papillon.Center è un “luogo” di pensieri, idee, ricerche, esperienze, ascolto che arricchisce chi si immerge fra le sue linee.
Ho riscoperto l’Esperanto da un po’ di tempo, perché mi è mi è ritornato alla mente il suono “leggero”, e bello, di questa parola, come fosse la premessa di un racconto tutto da scoprire. Tuttora fa parte dei miei interessi.
Questo post è bellissimo. Ringrazio l’Autore per il modo in cui ha parlato dell’ Esperanto, della lingua dei segni … e di quella dei sogni, e della sua splendida esperienza vissuta con i ragazzi che segue.
Rosalba De Cesare
Grazie a te Rosalba
É bello che tu definisca Papillon un “luogo”, non lo avevo mai pensato in questi termini..
Quindi che dire, “magie” del linguaggio..?
Una sola nuova parola e mi sento già un po’ più ricco…
Grazie Marco!
Rosalba