E’ ARRIVATO SETTEMBRE
E’ arrivato settembre, sembrava lontano il mese scorso, eppure è qui… dopo una strana estate indaffarata, passata ad affrontare cose, ad abbandonare cose, a separarmi nuovamente da cose da cui mi ero già separata, ad attendere cose e a trovare e ritrovare cose.
E in questo silenzioso momento, muovendomi un po’ a fatica tra domande e consapevolezze, mi è capitato di rileggere il bellissimo articolo di Marco Michelini pubblicato ad agosto su questo blog, “La pausa Estiva”, e di immergermi nelle immagini che ci ha proposto: il bambino che il primo giorno di scuola lascia sereno la mamma per entrare in classe, la gioia della madre nel vedere il figlio autonomo che si allontana sereno... la certezza di non annullare l’altro alla separazione… viversi con gioia la libertà altrui e ovviamente la propria, sentendo che la propria identità umana si realizza nel far stare bene l’altro che si ama… l’impossibilità del terapeuta di ricordare come fosse quella splendida persona che oggi ha di fronte, quando si affacciò al suo studio la prima volta…
E’ da qualche anno che non vivo più l’emozione della “pausa estiva” dalle sedute di psicoterapia, e l’emozione del rientro… ma ne ho vissute tante e me le sento ancora sulla pelle.
Ricordo bene la sensazione di quelle andate “male”, angosciate, “fredde”; la fatica di trovare di nuovo quel lumino che avevo spento nonostante l’enorme sforzo che avevo fatto per trovarlo e tenerlo acceso; la fatica di trovare il coraggio di ricominciare, di ridare spazio alla possibilità di stare bene, di “affrontare” lo sguardo e la voce dello psicoterapeuta, di permettergli di nuovo di “entrare” e di avere interesse per me, di farmi di nuovo sapere di me e della possibilità di essere di nuovo me. Ricordo anche che, al rientro, capitava che qualcuno dei miei compagni di viaggio (del gruppo di psicoterapia) fosse riuscito ad elaborare una separazione diversa, e ricordo la mia sensazione di straniamento di fronte a questa persona così diversa da quella che avevo salutato dopo l’ultima seduta. Mi sembrava un alieno… anche se in verità lo sapevo che invece chi si era alienata ero io.
Che fatica ragazzi! Ma che bello però avere resistito. Perché poi sono venute separazioni diverse, ancora incerte, ma iniziava a muoversi qualcosa. Separazioni a “intermittenza”, dove qualcosa dentro si apriva, mi faceva un po’ respirare la leggerezza e la possibilità di “capire” il senso del rapporto vissuto, di “sentirlo”, la possibilità di ritrovarmi… e poi si richiudeva poco dopo, per ritornare ancora, piccolo debole lumicino che rimaneva acceso e io passavo l’estate a cercare di ripararlo dal vento. E tornavo, a settembre, con un po’ di ansia e un po’ di curiosità, un po’ di emozione. Era un po’, ma era bella ed era una promessa di qualcosa. E il terapeuta mi sembrava “diverso” ma non “nemico”. E chi tornava più bello di me non mi sembrava più un alieno, mi lasciava solamente stupita, a guardare una bellezza possibile e cercare di rubarne il segreto, a tratti invidiandola, a tratti lasciandomici cullare in attesa di imparare anche io i passi della danza d’amore che vedevo tra il terapeuta, che riconosceva a quella persona la sua nuova identità e lei, che imparava a correre e poi lo lasciava, amandolo, per sentire e vivere quella nuova intelligenza calda, trovata come un tesoro nascosto dentro di sé.
E poi per caso un giorno d’estate, o forse no, forse già cadevano le foglie d’autunno, o invece forse si stavano schiudendo i primi boccioli di primavera… insomma non ricordo quando, ricordo solo che questo quando è arrivato all’improvviso e al tempo stesso lentamente, piano piano, separazione dopo separazione e che a un certo punto ho scoperto che potevo anche io ballare, che avevo imparato i passi e ne avevo anche inventati dei nuovi, mi sono trovata anche io a sentire sulla mia pelle che separarsi da un vissuto non è cancellare l’altro e il rapporto vissuto con l’altro, ma trovarne il senso, riconoscere così il proprio volto e quello dell’altro, a sentire che lasciare che l’altro sia libero di realizzarsi e regalarsi la possibilità di essere liberi di realizzarsi non vuol dire abbandonare, o tradire, ma dipingere con nuovi colori, scoprire i propri suoni mentre l’altro scopre i suoi e trovarsi poi, solo poi, ad inventare insieme nuove coreografie, o a salutarsi felici, pronti per i tanti primi giorni di scuola che ci aspettano.
E così oggi mi ritrovo qui, con un po’ di nostalgia per quella sensazione di attesa di ritrovarsi e scoprire cosa è successo durante l’estate, così particolare e difficile da descrivere, e con una storia d’amore, tante storie d’amore, da raccontare a chi in questi giorni, con il suo bagaglio di dubbi, incertezze, racconti e speranze, attende il rientro, o è appena rientrato, o si affaccia per la prima volta, e si prepara a respirare profumi nuovi.
Luigia Lazzaro
Incredibile quanto i tuoi articoli mi emozionino. Le tue parole arrivano dentro come frecce, rievocano e suscitano memorie, pensieri ed emozioni presenti a cui a volte non si riesce a dare parole. Stupendo Luigia… Questo come anche il precedente!