AMIR ISSAA: una vita da raccontare
Estate 2020, vengo invitato per realizzare un’installazione di arte contemporanea presso il “Nuovo Cinema Aquila” al Pigneto, quartiere semi periferico di Roma in cui molti artisti hanno trovato il luogo per produrre la loro arte. Conosco al “Nuovo Cinema Aquila” il rapper Amir Issaa, presentatomi dal regista Massimo D’Orzi. Amir è stato invitato a rappare sulle immagini che scorrono sul grande schermo di un cortometraggio di Roman Polanski. Cominciamo a parlare della rassegna, dell’organizzazione e pochissimo dopo ci ritroviamo a parlare del quartiere, di linguaggio contemporaneo, di immagini e di come quartieri come il Pigneto, Torpignattara e Centocelle siano cambiati e come continuino a cambiare perché sorgenti di immagini e linguaggi diversiche si rapportano continuamente trasformando così anche il territorio stesso.
Passa del tempo, ogni tanto ci sentiamo, qualche volta ci incontriamo nel mio studio e sempre di più mi convinco che la storia di Amir va raccontata perché è un bellissimo esempio di come sia possibile riuscire nonostante la vita non ti abbia facilitato il compito.
Amir Issaa, nato a Roma nel 1978, da padre immigrato egiziano, tossicodipendente, finito in carcere quando Amir era bambino e da madre italiana analfabeta, cresciuto nella periferia romana, quella di Torpignattara, quartiere multietnico che negli anni in cui Amir era bambino e adolescente, era davvero terra di confine dove durante il giorno l’illegalità si organizzava e al calar del buio prendeva il dominio del territorio. Amir Issaa: un nome, un cognome, un aspetto, un’appartenenza e una condizione familiare difficili da vivere in un contesto socioculturale e in un periodo storico a dir poco complicati, dove solo la speranza e la ricerca di rapporti validi sono stati quei fili che quell’adolescente dai tratti somatici arabi, non ha mai perso. Mai come questa volta, l’essere nati in una condizione avversa non è conferma di un destino predeterminato, esiste la possibilità di separarsi, rifiutare ed opporsi a dinamiche, situazioni e a rapporti che possono essere distruttivi.
Amir oggi ha 42 anni e un figlio di 21, incensurato, vanta circa venti pubblicazioni discografiche, premi e riconoscimenti, due libri: il primo” Vivo per questo” edito da Chiare Lettere, il secondo uscito da pochi giorni per ADD Editore dal titolo “Educazione Rap” dove tra gli argomenti trattati troviamo l’importanza del potere delle parole, le discriminazioni, il ruolo delle donne nel Rap e altro. Amir Issaa tiene laboratori didattici presso penitenziari minorili e non, collabora con gli Istituti di Cultura Italiani nel mondo ed è invitato dalle scuole in tutta Italia e dalle Università negli Stati Uniti per parlare di Rap, di linguaggio, di temi sociali e di composizione verbale. Insomma, oggi Amir Issaa è uno dei Rapper più impegnati e apprezzati nel panorama italiano. Cosa è successo? Come ha fatto quell’adolescente a non farsi trascinare giù dalle sabbie mobili?
Da adolescente si incuriosì della Cultura Hip Hop prima come breaker e poi come writer nella crew capitolina The Riot Vandals, poi è stato tra i fondatori del leggendario Rome Zoo, un collettivo di cui hanno fatto parte nomi storici della scena rap romana come Colle Der Fomento, Cor Veleno, Flaminio Maphia, Piotta, e molti altri.
Ma queste sono notizie che si possono trovare sul web: se vi siete incuriositi e volete saperne di più scrivete nei commenti le vostre domande, proposte o anche semplici curiosità così costruiremo insieme un’intervista ad Amir che poi pubblicheremo qui su Papillon.
Io, per esempio, vorrei chiedergli: “Amir, tu oggi pubblichi libri che si utilizzano anche nelle scuole ma quando eri adolescente o ventenne, di quali letture ti nutrivi?”
Alessio Ancillai
Bell’articolo e bellissima storia di coraggio, di speranza e di intelligenza. Tre fili che Amir non ha perso. Tre ingredienti importanti nella vita di ogni essere umano.
Coraggio di dire si … o di dire no.
Speranza che c’è sempre la possibilità di una via d’uscita, di una soluzione per cambiare le cose.
Intelligenza di saper aspettare e dare al tempo un senso affinché sia amico e non nemico. Tanti spunti per riflettere.
Venendo da situazioni difficili, lo sfogo delle proprie emozioni canalizzato verso una forma d’ arte (come , appunto, il Rap) può considerarsi , in un certo senso, “terapeutico” ?
La cosa che più mi colpisce della storia di Amir è proprio la voglia di dare a sua volta una possibilità a qualcuno, raccontandosi per arrivare alle orecchie di tutti, come se sentisse la voglia fortissima di comunicare. Vorrei chiedergli di spiegarci le motivazioni personali che lo hanno spinto a lavorare in situazioni altrettanto difficili come nei penitenziari minorili, quindi che non lo hanno portato a limitarsi ad uscire dalla situazione in cui era per vivere “soltanto” una vita “comune”. C’è stata anche per lui una persona in particolare che non si è voltata dall’altra parte, magari dopo essere uscita da una situazione a sua volta difficile, e che gli ha mostrato un’altra prospettiva?
Conosco Amir Issa solo attraverso le sue canzoni e ho notato come negli anni il suo modo di rappare, di comporre i testi e le rime sia cambiato. Se è possibile mi piacerebbe che spiegasse se la forma retorica dei suoi testi è cambiata in base ai tempi che cambiano oppure in base ad un suo cambiamento personale.
Grazie per questi spunti di riflessione e domande, verso fine luglio vediamo di far uscire l’intervista ad Amir Issaa.
Attendiamo altre domande da parte del pubblico.
Grazie ancora.