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LONTANO DAGLI OCCHI, LONTANO DAL CUORE

LONTANO DAGLI OCCHI, LONTANO DAL CUORE

“C’è nell’aria qualcosa di freddo che inverno non è, non so perchè..”

Di sicuro è una frase che un po’ tutti abbiamo detto o sentito, anche se pochi dei lettori di Papillon sapranno che è anche il titolo di una bellissima (e vecchissima..) canzone, non certo una “HIT” estiva eh, però potrebbe suonare attuale, anche se non penso affatto che Sergio Endrigo volesse dedicarla alla sua amata… scuola!

Scrivere, dedicare una canzone a qualcuno può essere uno dei tanti modi per cercare di non “dimenticarlo”?

Chissà..

Siamo a Giugno comunque, e come ogni anno si sta per concludere quello scolastico, ed è un “capodanno” molto diverso da quello invernale, non solo per le atmosfere o per le temperature.

Per alcuni ragazzi rappresenta anche la fine di un periodo di studi ben definito (che i più bravi chiamano ciclo) che corrisponde ad una parte di vita che può non tornare, a meno che, come succedeva ai miei tempi, pensando di averla sfangata con 2 o 3 materie finiva che ti facevi bocciare a Settembre..

Insomma per alcuni dopo l’estate, che vista da qui è di certo luuuunghissima, comparirà qualcosa di nuovo, e che siano le elementari le medie o le superiori, di certo il nuovo anno scolastico porterà con se tantissimi incontri, e la separazione da compagni, amici e docenti diventerà più.. reale!

Cambiamenti personali e relazionali profondi quindi, per cui è importante capirsi bene: se a qualcuno dovesse capitare di sentirsi un po’ solo, triste o magari un poco nostalgico potrebbe essere in piccola parte dovuto anche a questo..

Rimedi? Beh, questa è un po’ più difficile, però possiamo provarci comunque, almeno a non sentirci troppo soli dico, perché anche per gli adulti potrebbe (e magari dovrebbe!) essere un periodo e una faccenda un tantino complessa..

Come dire che anche i prof si separano, e non solo loro..

Inizia tra poco infatti anche la pausa estiva, che separa uno dall’altro gli anni di psicoterapia per cui tutti, giovani e meno giovani, si trovano alle prese con quella che sarà una più o meno lunga (comunque mai piccola!) separazione dal terapeuta, per poi rivedersi a Settembre

Che poi l’ho appena scritto, magari influenzato dal titolo, ma già rivedersi mi sta un po’ stretto, perché penso che in fondo sia più che altro un rincontrarsi, o se le cose non vanno benissimo, un ri-trovarsi in cui però c’entra pur sempre la vista..

Come fare per evitare che qualcuno che si allontana piano piano fino a diventare piccolissimo all’orizzonte, poi non scompaia per sempre?

Come fare a tenere vivo in noi qualcosa che potrebbe somigliare a uno di quei raggi che il sole ci regala un momento prima di sparire nel mare?

Vincendo la notte le ombre e magari una certa paura del buio, sapendo che tenere l’altro a sé per sempre non è ne possibile ne auspicabile, soprattutto perché quel che succede fuori di noi quando l’altro va via è tanto reale quanto.. sappiamo dell’altro!

Insomma sapere dell’altro quando ci si saluta è sapere che lo ritroveremo fuori per non averlo perduto dentro, mi pare funzioni così.

Fin qui tutto bene, anche la psicologia si rompe la testa da tantissimo tempo su questa cosa, e ricordo tutti gli studi sui neonati e sulla cosiddetta “costanza d’oggetto” cioè la capacità dei bambini, dopo un certo numero di mesi, di “sapere” che un oggetto come una palla, un peluche o un giocattolo (la mamma?) sono ancora li anche se qualcuno glieli nasconde, magari per gioco

Quando si è più grandi poi via con il BU-BU settete e più avanti ancora con il nascondino, in cui succede una cosa curiosa: uno a turno si “acceca” mentre tutti gli altri si nascondono, più o meno come lo struzzo, che si dice metta la testa sotto la sabbia quando ha paura, o come il piccolo opossum, che per sfuggire ai predatori arriva perfino a fingersi morto..

Come dire, se non vi vedo vuol dire che.. non ci siete!

Giocare con le proprie paure tentando di esorcizzarle non sembra perciò essere una caratteristica solo umana, anche se per lo struzzo e l’opossum immagino debba trattarsi di qualcosa che ha a che fare con l’istinto di sopravvivenza o roba del genere, mentre mi sembra che noi esseri umani nasciamo con l’istinto.. di morte!

Che poi però, e anche questo è curioso, è proprio grazie a questa nostra cosa specifica dal nome un po’ macabro che deriva anche la capacità di creare qualcosa di nuovo, far nascere qualcosa dentro di noi perché abbiamo “perso” qualcosa che prima era fuori, perchè gli esseri umani possiedono anche la fantasia!

Si vede che essere complicati è una nostra speciale caratteristica, tipo proprio specie-specifica, una delle cose che rende gli esseri umani così interessanti e bellissimi.

Ma tanta bellezza sembra avere anche un prezzo, specie se nel corso degli anni le cose nei rapporti non vanno tutte esattamente come potrebbero/dovrebbero andare, perché come purtroppo continuiamo ancora a leggere quasi ogni giorno, chi sta particolarmente male sembra proprio non reggere questa cosa tanto difficile che è la separazione, e anche nelle varie trasmissioni televisive sembra praticamente impossibile andare oltre la comunque condivisibile, in quanto malsana, idea di possesso.

Eppure una prima distinzione sarebbe possibile già dall’epilogo di certe storie di cronaca:

Alcuni dicono “non posso vivere senza di te” altri “non devi vivere senza di me” (con conseguenze spesso diametralmente opposte) come se nel primo caso della crisi per la carenza di affetti necessari a sostenere il dolore e magari la delusione per la fine di una relazione, la persona se ne facesse una colpa, mentre nel secondo le “colpe” vengono messe tutte nell’altro, tanto che non si manifestano cenni di pentimento se non per cercare di alleggerire la situazione processuale.

Che poi, se uno ha perso la sua umanità fino a ridurre una ragazza ad essere “bambola”, disumanizzando anche lei, di cosa dovrebbe pentirsi o chiedere scusa?

Siamo di fronte alla sparizione degli affetti

Di fronte al morto che sa fingersi vivo

Tornando alla nostra prossima estate però, facile dire che uno deve stare bene perché la scuola è finita e fuori c’è il sole, o piuttosto che bisogna essere felici il giorno del compleanno, per non parlare poi di essere buoni a Natale (cose tipo “la dittatura del benessere”) anzi sembra funzionare proprio al contrario, come quando capita che oltre a sentirsi tristi ci si sente anche in colpa per la propria.. tristezza!

E invece, se di tristezza parliamo, vuol dire che in fondo sappiamo che riguarda qualcuno che magari sentiamo lontano ma non perduto, che forse somiglia più a qualcosa di nebuloso che non sbiadito proprio come una sorta di nostalgia, perché a volte è di un sorriso che ci innamoriamo.

Sapere dentro, è un po’ come avere a che fare col mare insomma

Qualcosa di familiare, anche se non lo vediamo da un po’

Marco Randisi

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Foto scattata da: Emre Altitok
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