Siamo solo conchiglie
Quando non ero nel mio letto a dormire, ero con mio padre a vedere il sole spuntare all’orizzonte. Nella città da cui vengo il sole sorge sul mare.
Quando non ero nel mio letto a dormire, ero con mio padre a vedere il sole spuntare all’orizzonte. Nella città da cui vengo il sole sorge sul mare. Ne sono sicuro, l’avrò visto centinaia di volte.
Qui invece è il contrario, adesso il sole sta tramontando sul mare. Non so scegliere quale preferisco.
Ho guardato sempre il mare, almeno una volta al giorno da quando sono nato.
Non mi ha mai stancato, da ragazzo andavo a pesca con mio padre, di giorno dormivo. Non sono mai stato un gran pescatore, lo facevo perché mi piaceva uscire di notte con lui, ci sono certe notti che non dimentichi mai. Quando il cielo è limpido e c’è luna crescente, il mare è fermo e sei con la barca lontano dalla costa; si potrebbe impazzire di fronte alla potenza della natura. Allora devi resistere, fidarti e a quel punto ti sale un’emozione come quando rivedi qualcuno di importante dopo tanto tempo. In quelle notti amavo profondamente mio padre, perché era calmo come tutto ciò che ci circondava, mi sentivo protetto da lui.
Di ritorno da una di queste uscite in mare, la vidi per la prima volta.
Amira si trovava con suo nonno al porto, riparavano le reti per il giorno successivo, con loro c’era anche Jamal. Io e Amira siamo stati insieme per otto anni, lontani per dieci.
Ho pensato a lei per tutta la vita. Affaccendato, malato, rinchiuso, in viaggio, lontano da tutti o al centro della città. Amira, sempre Amira. Jamal è più grande di me di quattro anni, ma sembra sempre un ragazzo. Ogni tanto ci scriviamo, due mesi fa mi ha mandato una foto mentre si trovava nei suoi terreni sulle colline; magari avrei rivisto anche lui.
Le mani sulla sabbia umida mi ricordano che ha piovuto, uno sbadiglio senza la mano davanti mi ricorda che sono solo.
E aspetto.
Aspetto che arrivi una notizia, che qualcuno mi chiami per avvisarmi delle novità. Oppure no, resto in attesa che non arrivino notizie. Vorrei sapere… che non si saprà mai niente.
Significherebbe avere ancora speranza. Il mare è sempre stato questo per me, il mio migliore amico. Soprattutto speranza di mangiare, di avere i soldi, di vedere mio padre felice e non violento con noi perché la giornata di pesca era andata bene e non aveva bevuto. Sento ancora i miei fratelli e mia madre ridere di gusto perché il bottino della notte ci aveva permesso il pasto del giorno.
Riempio i polmoni di aria, trattengo tutto e il mio corpo resta immobile. Gli occhi si muovono seguendo il ritmo delle onde, non ho la forza per alzarmi, come se radici profonde mi tenessero piantato nella sabbia.
Come faccio ad avere ancora fiducia nel mio amico mare?
Un uomo senza speranza è un uomo senza niente. Il mio amico mi ha tradito, lo guardo e penso questo di lui, mi lascia solo con le mie mani nella sabbia.
Con tutta la forza, come se stessi tentando invano di sollevare uno scoglio, muovo le braccia e avvicino le mani al mio volto. Sono snelle, grandi, dita lunghe e affusolate, le guardo.
A scuola la maestra diceva che con queste mani avrei potuto suonare il pianoforte. Ma poi nella vita chi lo ha visto mai un pianoforte. Ma sono ancora delle belle mani, abbastanza curate, pulite, adesso coperte di sabbia, anche sotto le unghie. Da piccolo le mordicchiavo, ricordo ancora il sapore del sale. Poi iniziai a fumare, non era più necessario strappare unghie dalle mie dita gialle.
So che fa freddo, è inverno, ma non lo sento. Rimetto le mani sulla sabbia e le faccio sparire sotto le sue onde, come un serpente che si nasconde prima di attaccare la sua preda. Non ci avevo mai pensato, anche nella sabbia ci sono le onde. Non traditemi anche voi onde della sabbia, datemi la speranza per andare avanti.
Mi basterebbe tornare a due giorni fa. Sarebbe diverso, cambierebbe tutto. Ci vorrebbe una porta spazio-temporale che mettesse in discussione l’intero universo. Ho sentito parlare di buchi neri e buchi bianchi, magari qualcuno sa come far tornare la Terra a due giorni fa.
Deve esserci un modo. Non so come andare avanti se non c’è possibilità di tornare indietro.
Ridatemi solo quarantotto ore di onde, il mio amico mare me lo deve.
Quando la vidi al porto, Amira era seduta per terra e poggiava la schiena su una vecchia nassa per le ostriche. Io voltai lo sguardo verso di lei, attratto dal suono del suo bracciale di conchiglie, mentre muoveva le mani per riparare il tramaglio.
Quella volta ringraziai il mare.
Spiaggia di Cutro, 26 febbraio 2023.
Walter Di Mauro
Comments (4)
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Quando non ero nel mio letto a dormire, ero con mio padre a vedere il sole spuntare all’orizzonte. Nella città da cui vengo il sole sorge sul mare.
Grazie!!! Arriva come una poesia
Silvia
Assolutamente d’accordo con Silvia, mentre leggevo, incuriosita, pensavo fosse un testo preso da un libro, il suo tono arriva con parole leggere e pesanti ed il suo suono è dolcissimo come una poesia. Ho pensato alla mia estate, una settimana a Lampedusa e ho rivisto un barchino di migranti che mi salutava felice di essere giunto a terra, ma anche le fila sul porto di quelli appena arrivati, spauriti, portati chissà dove. E poi arrivano le parole di Salvini ed inorridisco. Una delle poche cose che ci può salvare è la speranza, dentro di te, la certezza che esistono belle persone, tante Amira, molti bracciali di conchiglie per cui ringraziare il mare.
bravo, un sussurro lungo un paio di minuti, tanti ricordi riemersi dall’oblio, un’umanità dimenticata a volte da tutti. se vivere ha un senso, le parole servono a trovarlo
Leggi il racconto in apnea, perché senti la sua stessa preoccupazione,eppure scivoli via dolce perché le parole sono leggere,poetiche ed evocative.
Complimenti!